Hobbies

Ho sempre amato disegnare. I miei Maestri sono stati Armando Donna, incisore, e il pittore Francesco Rinone.

Ritratto di Rosa, 2018

Ritratto di Gigi, 2019

Una piccola scelta di filastrocche “milanesi”…

Pedalando

Andando in bicicletta per Milano
la sto scoprendo meglio, a mano a mano
che, un po’ più confidente, sui pedali
m’inoltro per i parchi e per i viali…
In vicoli contorti e strette vie
resti romani ed altre archeologie
s’alternano a cortili e vecchi chiostri;
su antiche palazzine, certi mostri
sorreggono i balconi (son gargoyles),
e spesso mi sorprende un bel trompe-l’oeuil.

Se volto il naso in su, io mille statue
vedo sbucar, in pose eroiche o fatue,
da nicchie praticate nei frontoni
di chiese, oppur svettar sui cornicioni;
e ancor più in alto, inaspettate, pure
con tante profumate fioriture
di rose e piante di tutte le razze
come miraggi splendon le terrazze.
Così, felicemente io mi spingo
un poco, ogni giorno, più lontano;
negli occhi e nella mente mi dipingo
la splendida città che tanto amo.

Papere

Ovunque scorra un rivo
tranquillo e inoffensivo,
o s’apra un bel laghetto,
quel luogo lì è perfetto
(e non solo d’estate)
per pàpere palmate:
le vedi sciacquottare
e lievi parlottare,
nuotare zigzagando
la fretta messa al bando…
qualcuna a riva resta
e strane pose assume
mentre torce la testa
lisciandosi le piume;
un’altra, avventurosa,
si tuffa senza posa,
la coda in verticale:
sparisce e poi risale.
Talvolta, tutt’a un tratto,
qualcuna fa uno scatto
e vola via; ma torna
ben presto, e ti frastorna
strillando mentre plana
in mezzo alla fontana.
Starnazza prepotente
un’altra lungo il greto:
da lungi la si sente;
alla sua voce roca
sfuggendo, nel canneto
s’infratta, zitta, un’oca.

Lavavetri

Di nuovo son comparsi i lavavetri
che sbucano agli incroci, tutt’a un tratto,
mentre aspettando il verde sei distratto.
Appaiono, fantasmi grigi e tetri,
dal ciglio della strada, e il parabrezza
già inondan di sapone con destrezza:
non vale dir di no, invan ti sbracci,
all’opera son già con acqua e stracci.
S’intorbida il tuo vetro al par d’un guazzo;
che poi si vedrà meglio non confidi;
seccato, stringi i denti, e non sorridi;
gli dài la monetina e parti a razzo.
Ma poi, mentre nel traffico t’inoltri,
ti chiedi come mai saran le coltri
che a sera copriranno quei tapini…
e speri almeno non ci sian bambini
a condivider tal miseria nera,
speranza infranta che qui non s’avvera.
E ripensando a quel sorriso inerme
e alla tua scortesia, ti senti un verme.

Noche caliente

Se son bollenti le temperature
che affliggon pur di notte le pianure,
inutilmente il sonno si prefigge
chi dentro al letto al par d’un pollo frigge.
Sbarrati gl’occhi, insonne avvien ch’ei giaccia;
si prova a ingurgitar dell’acqua ghiaccia,
sperando che un tal shock poi non gli nuoccia,
e scampo va a cercar sotto la doccia.
Ritorna alle lenzuola; via il pigiama;
cento espedienti astutamente trama
per cacciar via il calor con la corrente,
ma è vano faticar: non cambia niente.
Le due, le tre… cantare già si ode
un usignolo, e a lui – disfatto – rode
che nonostante passino le ore,
avvolt’è ancora in nube di sudore.
Il cielo si colora; giunge l’alba;
s’aggira con la faccia pesta e scialba,
e mentre fa il caffé, a mezzo sveglio,
sa già che l’indoman non sarà meglio.

(Milano 2010)